Un operaio addetto ai binari viene investito da una locomotiva, perché era rimasto incastrato col piede in uno scambio di un binario morto mentre faceva merenda. Il radiodramma si apre in ospedale. Le infermiere leggono sul giornale un articolo che ricostruisce l’incidente. Sono le ultime ore di agonia dopo l’amputazione in ospedale. L’ascoltatore, come fosse dentro la testa dell’operaio, rivive i momenti dell’incidente, episodi del passato e l’incubo ricorrente di essere investito dal treno. Tra i personaggi si ascoltano le voci del figlio, che vorrebbe farlo alzare, ma al contempo gli preme le gambe, e di una bellissima soubrette, che inizia a ballare con lui uno slow, ma solo per poco, perché gli dolgono le gambe. La soubrette lo invita a prendere il treno in movimento. La scena si trasforma in un incubo, con il rumore del treno in avvicinamento e l’urlo dell’operaio.
La storia si svolge nel giro di poche ore di coma ed è molto efficace proprio nel sintetizzare spasmodicamente la tragedia di una disgrazia senza più rimedio con la reminiscenza di una vita che proprio nelle gambe valorizzava il senso sportivo dell’uomo. L’ascoltatore è come fosse nella testa del giovane operaio. La regia è ricca di soluzione sonore che rendono il lavoro, della durata di soli ventotto minuti, particolarmente compatto e immersivo. Si ascoltano perciò le voci di tanti personaggi, a partire da quella del figlio. La composizione sonora è efficace nel trasfigurare le scene realistiche in quelle di un incubo, con l’insistenza della rumoristica propria del treno (la corsa sui binari, il fischio ripetuto…) mescolata a quella dell’agonia (respiro affannato, battito cardiaco accelerato, rantoli…). Alcuni intermezzi di jazz (si ascolta il sassofono o il sax, con il ballato slow; anche il suono di un’armonica suonata da un amico) contribuiscono a far crescere un clima soffocante.
Luigi Greci, La locomotiva. Radiodramma di Mario Mattolini, in «Radiocorriere TV», 1959, 18 p. 11.