Valentino Bucchi
Franco Ferrara, direttore Complesso Strumentale di Roma della Rai.
La storia appare senza tempo ma, «poiché i personaggi del radiodramma parlano con una certa confidenza di stregonerie, diavoli bruciati sul rogo e folle indemoniate, sarebbe magari lecito ritenere la vicenda situata […] nel secolo che seguì la Riforma» (Enzo Maurri, Vento d’agosto. Radiodramma di Enrico Bassano e Dario Martini, in «Radiocorriere», 1958, 46, p. 8). Il paese in cui si svolge la vicenda si stende tranquillo in una vallata. Per gli abitanti che non si contentano della vita di ogni giorno il paesaggio ameno rappresenta piuttosto una prigione.
C’è una vecchia campana in cima alla montagna, dove un gruppetto di uomini si reca per avvistare e catturare il maligno che talvolta si avvicina al paese, preceduto da una dolcissima musica per portare disgrazie. Il maligno non parla direttamente, ma appare come un giovane straniero che si esprime attraverso la musica di un clarinetto, turbando le coscienze di chi incontra, soprattutto quelle femminili.
Sul paese comincia a soffiare il vento d’agosto che, ogni qualvolta bussa alla porta di quel luogo, mette a nudo le anime dei compaesani. È un vento che preannuncia le sciagure, portatore di una follia capace di squassare case e sgozzare gli animali. Placatasi la furia, il cielo sembra rischiararsi e gli abitanti del paese riescono a catturare la figura misteriosa del giovane musicista: lo legano e attizzano fascine di fuoco per bruciarlo vivo, ma una donna del paese, Vanna, gettandosi su di lui, lo libera. Poi la musica si converte nello scorrere dell’acqua del torrente, e Vanna sconfessa l’operato degli uomini con la loro sete di morte.
L’insieme è altamente simbolico con la presenza fondamentale della musica composta da Valentino Bucchi, che accompagna la narrazione. Il vento di agosto – una forza prorompente che richiama istintivamente il vento dell’omonima opera di Paolo Levi del 1955 – svela la natura intima degli uomini: così riluce nel nonno la prudenza prima di giudicare, negli abitanti la sete di vendetta e la rabbia per una vita che non soddisfa, in Vanna la coscienza e la consapevolezza del male e del bene che può venire dalla dolce inaspettata melodia, dal sorriso ieratico dello sconosciuto mentre è sul rogo, dalla placidità dello scorrere degli eventi. Difatti la musica s’identifica alla fine proprio nel torrente che continua comunque a scorrere.
Fondamentale tutta la dimensione sonora e musicale del radiodramma, a partire dalla scelta del clarinetto che contraddistingue il misterioso personaggio e che ricorda da una parte il protagonista suicidatosi in Agenzia Fix di Alberto Savinio, la cui voce è il suono di un clarinetto, e dall’altra il flauto all’inizio del Prélude à l’après-midi d’un faune di Claude Debussy o il fagotto della Sagra della primavera.
Gli ambienti sono evocati con ricchi elementi sonori descrittivi (molti elementi della natura, suoni atmosferici, cinguettii, etc.), ma c’è sempre un clima fantastico che appare ad esempio nell’uso frequente del riverbero (soprattutto quando a parlare è la campana). Colpiscono alcuni effetti musicali particolarmente sofisticati, ad esempio quando il clarinetto suona dentro l’acqua con una soluzione che pare richiamare sonorità pre-digitali.Enzo Maurri, Vento d’agosto. Radiodramma di Enrico Bassano e Dario Martini, in «Radiocorriere», 1958, 46, p. 8. Il testo è pubblicato in «Il Dramma», 1961, 292.