Da una soffitta all’ultimo piano è precipitato un inquilino cieco di nome Attanasio. Indaga il commissario con un tenente di polizia che ritiene inizialmente si tratti di un suicidio. Vengono interrogati il portiere e l’accompagnatrice Anna. Dal primo sopralluogo in appartamento il telefono risulta essere staccato. Dopo nuovi interrogatori con la moglie del portiere si scopre che il defunto era cieco da dieci anni e che la fidanzata Mary Art l’aveva lasciato dopo l’infortunio, ma continuavano a scriversi lettere che l’accompagnatrice leggeva e scriveva. Un inquilino ricorda di averlo sentito salire le scale insolitamente ubriaco l’ultima notte e sembra che ciò fosse determinato dalla gioia di sapere dall’ultima lettera che Mary Art sarebbe tornata per sposarlo. L’accompagnatrice, allevata in orfanatrofio e ormai quasi cinquantenne, cade in varie contraddizioni anche con riguardo al suo rapporto col cieco. Persistono dubbi per il posizionamento del telefono e perché il cieco precipitando ha portato con sé il canarino Peter, salvo per miracolo, tenuto ora dalla bambina della portiera. Anch’essa viene interrogata e dice che di recente Attanasio ha cambiato la posizione dei mobili. I due investigatori simulano una mosca cieca e capiscono che la vittima, a partire dalla posizione del telefono, ha sbagliato l’orientamento per lo spostamento dei mobili, precipitando oltre la ringhiera delle scale. Da qui la soluzione, l’accompagnatrice ha ordito il tragico trabocchetto. Il dramma non si conclude con l’arresto, mancando prove inconfutabili, ma con la certezza da parte del commissario di quanto è realmente accaduto.
Costruito come un giallo (tutto comincia con una morte, forse un assassinio di cui non si conosce il responsabile o forse un suicidio…), il radiodramma ha qualche intermezzo musicale che suggerisce proprie le atmosfere dei film polizieschi. L’esito non è imprevedibile, dal momento che è stata l’accompagnatrice del cieco – anima sola – con tutti i complessi di non esser bella, di essere invecchiata, col morboso senso di protezione, a ordire l’orrendo crimine, approfittando della cecità e presa dalla gelosia per l’imminente abbandono, determinato dal ritorno di Mary Art. Più originale è l’espediente con il quale è ordita la trappola che permette all’ascoltatore di immedesimarsi nel defunto protagonista della vicenda, soprattutto nella riflessione dei suoi ultimi spostamenti e nella simulazione per immaginarsi la condizione di cecità. Così la realtà del radiodramma è come tradotta dalla percezione di un non vedente, con l’efficace obiettivo di far calare l’ascoltatore nell’appartamento di Attanasio.
Errezeta, Anima sola, in «Radiocorriere», 1960, 48, p. 6.