Nel treno per Milano s’incontrano due preti: l’uno, insegnante di teologia al seminario, scopre che l’altro è il celebre musicista De Rossi, il quale si confida sui propri scrupoli fra successo e umiltà sacerdotale e gli dice che è prossimo ad andare in scena in un teatrino con una propria opera su Santa Lucia, con soprano la famosa Isabella Vivi. La scena cambia, Padre De Rossi dialoga col soprano Isabella per la messa in scena e le confessa di averla casualmente vista di sfuggita alla stazione di Genova, lei dichiara di essere profondamente religiosa, nonostante le apparenze di successo mondano (in particolare accenna alla sua interpretazione della Francesca da Rimini), e di andare spesso a messa in una cappella di Milano. De Rossi va alla cappella a chieder di dir messa e si sente quasi mortificato dalle richieste degli adempimenti burocratici del parroco che non lo conosce, nonostante la sua notorietà. Alla messa c’è una sola persona che assiste: la soprano Isabella. Chiude il radiodramma una preghiera rivolta a Santa Lucia, nella quale si avverte il turbamento del prete.
È un contrasto interno fra l’uomo e il religioso, l’uomo che viene tentato d’inebriarsi dal successo e il religioso che deve sentire la vacuità delle gioie umane e quindi giustificare le sue privazioni. Il conflitto suona addirittura quasi erotico nel dialogo con Isabella e nello sforzo di De Rossi di ricercarla, all’apparenza quasi casualmente, alla messa da lui celebrata, e di sublimare in lei la figura di Santa Lucia nell’opera che aveva creato e di cui lei sarà interprete. In soli diciotto minuti il radiodramma, con una regia sobria ma puntuale nel determinare le scene, restituisce sfumature psicologiche non banali, suddividendosi chiaramente in tre momenti distinti, che sono anche tre differenti luoghi: il dialogo in treno (accompagnato dal rumore costante del viaggio), le prove con Isabella (con il pianoforte suonato dal prete) e infine la sagrestia e la chiesa (con il riverbero tipico del luogo profondo e dagli alti soffitti, le preghiere in latino del piccolo chierichetto, il suono dell’organo). Efficace e intensa l’interpretazione di Antonio Crast, che già ai tempi della Compagnia dell’Accademia (1940-1941) aveva iniziato a collaborare con Corrado Pavolini. Il radiodramma – come La penna rossa (1960) – è l’adattamento, ad opera di Pavolini, del racconto omonimo incluso nel volume Tutte le novelle che raccoglie scritti di Moretti, già pubblicati nell’arco di cinquant’anni tra il 1907 e il 1958.
errezeta, Il sottoquadro e La penna rossa, in «Radiocorriere», 1960, 21, p. 8.