Tre naufraghi scampati fortunosamente e fraudolentemente all’affondamento dell’inaffondabile Titanic dell’aprile 1912 ne rievocano la tragedia – in una forma di trasmissione radiofonica –principalmente sulla scorta delle indagini poi effettuate da un’apposita commissione d’inchiesta a New York, che viene rappresentata in flashback. Dapprima è interrogato il telegrafista marconista Bright e poi Philips sui numerosi messaggi, in precedenza ricevuti da altre navi, circa la presenza di un iceberg, in particolare dal California e sui successivi appelli di soccorso, appelli accolti ma da navi troppo distanti e non convinte della portata della tragedia, mentre la California rimaneva inerte. Gli addetti a quella nave avevano riferito una serie di malintesi sull’accaduto di cui non si sarebbero accorti. I superstiti dell’equipaggio vengono interrogati sulle modalità del salvataggio ed emerge che le scialuppe non avrebbero comunque potuto salvare un’eccedenza di mille soggetti e per di più le scialuppe non raccolsero circa cinquecento naufraghi, respinti con pistola nei confronti dei passeggeri di terza classe o addirittura a colpi di remi mentre i naufraghi erano in acqua, adducendo il pericolo di rovesciamento delle imbarcazioni per il sovraccarico (la commissione ricorda si sono salvati il 61% dei passeggeri di prima classe, il 25% di terza classe e il 23% dell’equipaggio). Emerge anche il difetto di costruzione dei compartimenti stagni. Come pure il dubbio che il Titanic tenesse forte la velocità per conquistare il nastro azzurro. La faccenda si concentra sulla responsabilità di Lord Ismay, uno dei proprietari della nave.
Viene rivelato che già nella plancia c’era un incendio, a Southempton, che il rischio di collisione con altra nave era reale e poi si racconta del nefasto presagio delle stelle cadenti e le grida dei naufraghi che venivano impediti di salire sulle scialuppe. Su una nave soccorritrice, il Carpazio, venne subito istituita una colletta, in particolare per i caduti della terza classe, completamente abbandonati tranne che dai sacerdoti per i conforti religiosi. Lord Ismail si era salvato, a differenza di tanti altri naufragi anche miliardari, tenendosi sempre appartato. I tre si interrograno appunto, dopo tanti anni, sulla sua reale responsabilità, ricordando che si era sempre dopo sottratto a ogni indagine. Aveva soltanto risposto alla commissione d’inchiesta negando non senza imbarazzo e alterigia ogni responsabilità e aveva poi concesso un’intervista a un giornalista che aveva finito per cacciare di casa proprio perché l’intervistatore intendeva giustificare il suo comportamento nella tragedia.
È un convincente remake della tragedia del naufragio del Titanic, con una serie di incomprensioni, di manchevolezze incomprensibili e di crudeltà non dette, metafora del presagio della fine della Belle époque con tutte le sue incongruenze nel disastro della prima guerra mondiale. L’analisi viene compiuta da persone che son rimaste in vita in maniera fraudolenta: uno vestito da donna, uno vantandosi di essere yatch man, uno corrompendo i marinai, tutti al fine di potere entrare nelle scialuppe al posto degli aventi precedenza. L’attenzione si concentra sull’ambiguo vituperato comportamento di Lord Ismay che prese posto nell’ultima scialuppa, e che così poté vivere ancora per ventitré anni. I tre si domandano se tutto sia lecito per salvare la propria vita e l’intervista finale con Lord Ismay ridisegna il dramma di un uomo che si è trascinato per tanti anni la propria colpa, a differenza di chi – come il capitano Smith comandante del Titanic – ha preferito suicidarsi. Tutto il radiodramma, costruito come un lungo flashback inframezzato dalle tre voci che ricostruiscono i fatti come fossero ospiti in una trasmissione radiofonica, è di fatto la successione delle testimonianze raccolte durante la commissione d’inchiesta. È un radiodramma fatto tutto di parole, ma con una drammaturgia ben costruita, soprattutto nella dinamica degli interrogatori e delle confessioni.
Il radiodramma, anche se non ne fa parte, anticipa per forme e tematiche il ciclo La salvezza venne dalla radio, da domenica 5 giugno 1960: quasi tutte sono storie di naufragi o comunque drammi ambientati in mare, il cui lieto fine è garantito dall’utilizzo del mezzo radiofonico.
Fabio Della Seta, Intercessione per Ismay, in «Radiocorriere», 1960, 1, p. 8.