Nel dicembre del 1956 un elicottero, volando sopra il Monte Bianco, scorge due ragazzi dispersi da alcuni giorni. Imperversa la bufera e il vento è talmente forte da impedire all’elicottero di atterrare. Nella scena successiva Pietro, istruttore di sci e alpinismo che fa il volontario nei soccorsi del paese, sposato con due bambini, viene convocato per andare a recupere i giovani Vincendon e Henry, poco più che ventenni, che tentavano, come prova per prendere parte alla prossima spedizione sull’Himalya, la scalata invernale del monte Bianco. Così Pietro insieme a un’altra guida, Germain e i piloti, Blanc e Santini, decolla per cercare di salvare i due ragazzi, ma dopo poco, a causa delle forti raffiche di vento e dei vuoti d’aria, l’elicottero precipita.
Dopo lo schianto Pietro e i compagni controllano subito i due ragazzi dispersi che sono ancora lucidi, ma che probabilmente hanno perso l’uso delle gambe. Inoltre il maltempo li trova impreparati: i due piloti non sono abbastanza vestiti per affrontare le rigide temperature della montagna. Allora Pietro, Germain e i due piloti decidono di provare a raggiungere la capanna Vallot, un luogo al riparo non troppo distante. I quattro si mettono in cammino, ma la neve è friabile. Blanc precipita in un crepaccio. Pietro e Germain con grande fatica riescono a tirarlo fuori.
Nel frattempo Henry, congelato fino alla pancia, cerca di massaggiare il compagno Vincendon per mantenerlo in vita, con coraggio e tenerezza. Henry, anche se le sue braccia sono ridotte a due monconi, combatte per la vita. Finalmente arrivano altre due guide in aiuto, devono dirigersi alla capanna, per prima cosa hanno il dovere di portare in salvo i piloti e il giorno seguente tornare dai ragazzi. Pietro è combattuto e afflitto dai rimorsi, sente di non aver fatto abbastanza. Il tempo continua a peggiorare, perciò la squadra raggiunge la capanna soltanto all’alba, dopo aver trascorso una notte al gelo. La radio riprende a funzionare e Pietro riesce a mettersi in contatto con il comandante Le Gal, al quale spiega le condizioni dei compagni. Per i due giovani non c’è più nulla da fare. Quando Pietro torna a casa dalla moglie, racconta quello che ha vissuto e la drammatica fine dei due ragazzi, e al solo pensiero di Henry che continuava a lottare per la sua vita e dell’amico Vincendon, ancora si commuove.
Ispirata a un fatto vero, la vicenda dei due sfortunati giovani che sfidano la montagna non vuole evidenziare la loro incoscienza, al contrario drammaticamente ricordare il coraggio di spingersi al limite, alla ricerca della libertà. Così tutta la storia è vissuta e raccontata da Pietro, che vive nel rimpianto di non aver fatto abbastanza. Il radiodramma, segnato dal persistente rumore del forte vento e spesso delle eliche dell’elicottero, mette al centro anche il ruolo della radio come strumento fondamentale di salvezza in situazioni di emergenza, perché tiene in comunicazione i soccorritori con il comandante, che dalla base fornisce indicazioni e consigli.
Il radiodramma di Alan Burgess, presentato dalla BBC al Prix Italia del 1958, aveva vinto il premio degli Human Rights, messo in palio dall’Unesco. Burgess, scrittore e giornalista inglese, aveva partecipato sul luogo alla cronaca di quegli eventi, intervistando i protagonisti e raccogliendo reazioni e materiali preziosi. Il radiodramma era stato mandato in onda dalla BBC solo due settimane dopo il tragico epilogo.
Errezeta, Squadra di soccorso, in «Radiocorriere TV», 1960, 43, p. 44.