«L’eroe della storia è già pronto nella sua stanza», così dice la voce di uno speaker, che si presente come l’autore della storia, cominciando a descrivere il signore Biedermann, elogiando la sua salute e invitandolo a parlare al microfono, dove presumibilmente lui si professerà innocente, a proposito della sua casa bruciata. L’autore dice che grazie a Biedermann si è potuto compiere una vera e propria catastrofe. Ma vuole che sia il pubblico a giudicare e a ritenerlo o meno innocente. Dopo il gong dell’inizio ancora la voce dell’autore descrive la scena, come fosse una didascalia teatrale. A quel punto inizia la vera e propria storia con Biedermann che, mentre legge sul giornale di una banda di incendiari che sta mettendo a ferro e a fuoco la piccola cittadina svizzera dove vive, riceve in casa uno scocciatore, di nome Schmitz, un omone che di lavoro faceva il pugile e che sta cercando soltanto un po’ di umanità. Biedermann gli offre da bere e da mangiare e parlano dei numerosi incendi che stanno scoppiando nella piccola cittadina svizzera. L’ex pugile dice di averlo visto in trattoria mentre era andato in escandescenza urlando contro le autorità a proposito della banda di delinquenti: «Ma è uno sconcio! […] Quando si decideranno a mettere fine a questa vergogna?». Lo elogia, definendolo un idealista, ma allo stesso tempo gli racconta che suo padre era carbonaio, insinuandogli qualche timore.
Poi interviene di nuovo l’autore, che in modo spiritoso introduce la scena successiva sempre tra i due personaggi in solaio, evidentemente l’ex pugile è riuscito a farsi ospitare in casa. Ancora un dialogo tra i due: il proprietario gli dice di andarsene, ma l’ex pugile gli fa una scena madre, comprendendo la scelta, perché lui è un uomo del popolo, che mangia a bocca aperta ed è ignorante. Biedermann si sente in colpa e gli concede di rimanere, anche se sua moglie è contraria e gli dice che quel signore è probabilmente uno dei pericolosi incendiari. Poi arriva una seconda persona che si installa nel solaio. Biedermann è infuriato, ma acconsente anche a questo. Intanto il solaio si riempie di taniche di benzina e i due loschi figuri parlano apertamente di fuoco e di incendi. Si fa viva anche la polizia, ma Biedermann non vuole chiedere aiuto, perché è convinto che le intenzioni dei due signori siano ottime.
Il secondo tempo è introdotto di nuovo dalla voce dell’autore che riepiloga i fatti. Ma c’è anche Biedermann al microfono, che dice di aver creduto al lato buono degli uomini: «e se ci fosse stato lei al mio posto, cosa avrebbe fatto?». L’interrogativo rimane sospeso, nel frattempo però la situazione degenera perché è sempre più evidente che i due ospiti nel solaio siano proprio gli incendiari ricercati dalla polizia. Eppure, per cecità e per non volontà di capire e mettersi in discussione, Biedermann continua ad andare avanti, assecondando i due loschi figuri fino alla più paradossale delle conclusioni. È lo stesso protagonista a offrire i cerini ai due incendiari per dar fuoco alla propria casa: «credi che se fossero dei veri incendiari – dice rivolgendosi sarcastico alla moglie – chiederebbero dei cerini?».
Biedermann (la traduzione del cognome sarebbe “Omobomo” o “Signor Probo”) è un borghese particolarmente mediocre e poco perspicace. E alla viltà, alle ipocrisie, alla mollezza della borghesia svizzera è rivolta la critica caustica di Frisch che raggiunge in questo radiodramma uno dei suoi risultati migliori. Intervallata dalla voce dell’autore, la storia procede per scene che sono il progressivo scivolamento del signor Biedermann nell’auto-convinzione che tutto vada bene e che i due loschi figuri non abbiamo cattive intenzioni, e quindi che lui non abbia sbagliato a ospitarli: «povero uccellotto incantato dal serpente»[1]. L’autore introduce la vicenda ma dialoga anche con il protagonista e si chiede se la storia sarebbe andata davvero in maniera diversa senza la stupida bontà di Biedermann: perché è così debole e non fa altro che mentire a se stesso e negare quello che vede? Il problema, sembra dire Frisch, non è la malvagità dei cattivi, ma l’insipienza dei buoni.
Herr Biedermann , tradotto da Aloisio Rendi, è il primo radiodramma di Max Frisch trasmesso in Italia nel 1960; l’anno successivo è la volta di Rip van Wilke e nel 1969 va in onda La grande rabbia di Philipp Hotz.
[1] Italo Alighiero Chiusano, Il signor Biedermann e gl’incendiari, in «Radiocorriere», 1960, 22, p. 40.