Nel Comune di Ronta in Mugello il Provveditorato agli Studi consegna a un’anziana maestrina, in occasione del pensionamento, una medaglia d’oro. Durante il festeggiamento è invitata dalle colleghe a raccontare la storia della penna rossa che tiene sul cappello. La maestrina narra, commossa, che cinquant’anni prima aveva adorato Cuore, modellando in conformità la sua vita d’insegnante. Nel 1904 seppe che De Amicis, passando da Firenze, sarebbe passato da Vicchio di Mugello per vedere la casa di Giotto, e allora avrebbe visitato anche la sua piccola scuola. De Amicis va proprio nella sua classe e si compiace di trovarla conforme a quella del suo libro e della bella pronuncia toscana dei bambini («allo stesso modo pronunciò questo verso Dante Alighieri»). Lei si fa coraggio, sfila la penna rossa dal cappellino, la mostra e la dona a De Amicis, così come verrà conservata nel museo a lui dedicato.
La storia suona addirittura più deamicisiana dello stesso Cuore. Comunque, a parte l’aspetto strappalacrime, essa evidenzia, nella sua presumibile veridicità, un ciclo della nostra evoluzione educativa postunitaria che ha visto il ruolo centrale e la dedizione delle maestrine nel superamento del prevalente analfabetismo, specie nelle zone rurali dell’epoca e, da non trascurare, anche l’avvento del toscano, salutato al rango di lingua nazionale.
Il radiodramma – come Il sottoquadro (1960) – è l’adattamento, ad opera di Pavolini, del racconto omonimo incluso in Tutte le novelle (Mondadori, 1959), che raccoglie scritti di Moretti, già pubblicati nell’arco di cinquant’anni tra il 1907 e il 1958.