Quattro voci senza nome – «il signore molto commosso, la signorina dalla bottiglia del latte, la ragazza bionda, il signore con la barba non rasata», così definiti nei titoli di testa – sono protagonisti del lungo radiodramma: «i quattro individui apparentemente scoloriti, che l’autore conduce ad un piccolo bar della periferia, in una sera di nebbia; due uomini e due donne dalle vite molto semplici, addirittura convenzionali»[1]. La prima voce, il signore molto commosso, racconta degli avventori, ma soprattutto di un giovane che, seduto all’interno del locale, è l’unico che non conosce. È un lungo monologo, il racconto dettagliato dei pensieri e delle sensazioni che prova guardando gli occhi «melanconici e ironici» di questo misterioso uomo con un segno sopra il sopracciglio destro. Di sottofondo emerge leggerissimo un commento musicale che contribuisce al clima di rievocazione e ricordo. L’uomo ha un atteggiamento nervoso, vorrebbe capire chi è quel giovane, ne è profondamente attratto, prova ad attaccare bottone, ma il giovane si ritrae ed esce dal locale, ma appena uscito si odono sei colpi di pistola. Poi prende parola la signorina dalla bottiglia del latte che inizia il suo lungo monologo: racconta di una sua serata malinconica e dell’arrivo al locale, che si trova nella periferia di una grande città. Il suo racconto è la dettagliata descrizione delle sue emozioni e poi del volto del giovane che vede nei pressi del caffè e che le provoca un profondo turbamento. Continua a spiarlo, anche dal vetro della finestra, quando lui entra all’interno, accorgendosi dello strano segno sul sopracciglio. Il racconto finisce col rumore degli spari. La terza voce è di nuovo di una donna, «la ragazza bionda», che inizia descrivendo subito il volto dell’uomo, soffermandosi sullo strano segno nel sopracciglio e sulla «lucentezza dei suoi occhi che passava le carni». Anche lei indugia sulla sua vita, i suoi amori e desideri. Racconta di come giunse quella sera casualmente al bar e di come lo vide. Ritorna anche in questo caso l’immagine del vetro della finestra appannato e di guardare attraverso, lui da dentro per osservare la strada, lei da fuori per spiarlo all’interno. L’ultimo monologo sembra rivolgersi direttamente agli ascoltatori. È la descrizione più minuziosa della sala con anche i dettagli delle altre tre persone presenti, che sono esattamente quelle che hanno parlato prima. Dice di non essere la voce «della morale», mostra che «i cuori che si credevano “spezzati” riprenderanno a battere ordinatamente, così come si conviene ad ogni cuore che voglia continuare a vivere»[2]. Ed è quella che, in conclusione, si chiede il perché degli spari e della morte del giovane.
La drammaturgia è assai ambiziosa, perché è costruita tramite quattro lunghi monologhi, ognuno dei quali dura oltre venti minuti. I racconti ruotano attorno a un quinto personaggio, descritto con minuzia di particolari, che però resterà sempre muto. Il giovane provoca un profondo turbamento in tutti i personaggi, senza che se ne capisca il perché: non è solo bellezza ma è anche il mistero di cui è portatore. La medesima situazione, prima degli spari conclusivi che chiudono tutte e quattro le storie, è raccontata da ogni voce, perciò qualche azione e l’intera situazione viene descritta da quattro punti di vista diversi, anche se la sorpresa di scoprire ciascun osservatore è affievolita da una generale lungaggine dei monologhi. L’impostazione del lavoro è fortemente letteraria e mira a costruire un “racconto sonoro”. I monologhi sono infatti accompagnati da leggeri commenti musicali e rumoristici, che sottolineano le azioni descritte in una modalità volutamente didascalica. Ad esempio una delle voci monologanti dice: «l’uomo accese una sigaretta con l’accendino (rumore di accendino) […] Poi ripresi a camminare (rumore di passi) […] poi sentii una musica lieve provenire dall’interno (si ode una musica in crescendo) […] quando una macchina mi seguì (si ode il motore di un’automobile che si avvicina e poi si allontana) mi sentii una persona importante».