Il viaggio del prigioniero

  • Autore: Louis MacNeice, traduzione di Maurizio Pardi.
  • Regia: Umberto Benedetto
  • Compagnia di prosa RAI: Firenze
  • Attori e attrici: Elena Da Venezia, Antonio Battistella, Alberto Lionello, Corrado Gaipa, Franco Sabani, Tino Erler, Franco Luzzi, Giorgio Piamonti, Gianni Pietrasanta, Fernando Farese, Fernando Caiati, Diego Michelotti, Giuliana Corbellini, Nella Bonora, Maria Mari, Corrado De Cristofaro, Rodolfo Martini, Piero Marinai, Wanda Pasquini.
  • Data della messa in onda: 19/04/1955
  • Ora della messa in onda: 21:15
  • Canale: 1
  • Minuti: 100
  • Copione presente nell'archivio della Sede Regionale RAI di Firenze:
  • Pubblicazione copione: No
  • Sinossi:

    La voce di uno speaker spiega, con il suono di una fisarmonica in sottofondo, che «quanto segue vuole essere una favola di evasione e di prigionia, benché nelle sue grandi linee si basi su fatti accaduti durante la Seconda Guerra Mondiale, non ha nessuna intenzione di atteggiarsi a documentario. C’è una guerra in corso tra i grigi e i bruni. I grigi sono la nostra parte e i bruni sono i nemici. Il programma però non si occupa degli eventi bellici, ma di uno o due prigionieri tra i prigionieri i quali sono tali non in un senso soltanto». La prima scena vede il giovane Mr Emlsi che chiede dell’olio in cambio di sigarette al cuoco «negro». I due discutono aspettando che arrivi qualche pacco, intanto giungono invece nuovi prigionieri. La voce di un altoparlante spiega infatti che ci si trova in un campo di prigionieri di guerra ai piedi di una montagna. In questa prima parte si ascoltano le voci dei prigionieri e quelle dei militari. L’ambiente è molto cordiale. I prigionieri tra loro conversano e passano il tempo a giocare a ping pong e a bridge. Emerge la figura di Waters, che parla con il pastore del campo. Confida le sue inquietudini, recita a memoria versi di Oscar Wilde, chiede che il pastore legga dall’Antico Testamento l’episodio di Giobbe. La musica di una fisarmonica, suonata nel campo e che accompagna a volte canzonette popolari, serve come intermezzo tra le scene. Waters adesso parla con il cuoco «negro», che sta guadagnando un bel po’ di soldi all’interno del campo.

    Cambia la scena e si sentono le voci di tre donne, una delle quali, Guggenheim, è un’archeologa, che racconta di aver trovato delle tracce del neolitico e di essere sicura che sotto la loro baracca ci siano i resti di una antichissima tomba. Anche loro sono in un campo di prigionia. Nel campo intanto si svolgono i corsi di «addottrinamento» e Waters cova una insofferenza sempre più acuta. Arrivano aggiornamenti dalla guerra, ma sono confusi e poco affidabili, la situazione comunque sembra statica, non presentare cambiamenti significativi. Waters parla con un pilota dell’aeronautica, racconta di essere un volontario, ma ormai di sentirsi un coscritto. Si lamenta della guerra e del «mondo assurdo» e partecipa alla riunione degli «evasori» che costruiscono una galleria per la fuga. Lunghi sono i momenti durante i quali si sentono i prigionieri scavare la montagna e in particolare emozionarsi quando si accorgono con il loro cunicolo di aver superato il filo spinato e di essere arrivati nel campo delle donne grigie, anche loro prigioniere, che stavano scavando alla ricerca di una tomba neolitica. Waters conosce così Alison e i due si innamorano. Waters vorrebbe evadere portandosi dietro Alison, ma l’archeologa li vuole denunciare perché scava solo per scoprire antichi reperti. Intanto riprendono i bombardamenti e i prigionieri cantano per farsi coraggio. Waters e Alison scappano dal campo lungo la galleria, intanto parlano della loro vita passata e condividono paure e desideri, finché dichiarano il loro amore. L’ultima fuga, quando devono attraversare una zona vigilata da cani inferociti, diventa però fatale: si sente una scarica di pallottole che non lascia ambiguità sull’esito della storia.

  • Nota critica:

    Il viaggio del prigioniero[1], titolo originale dell’opera è Prisoner’s Progress, viene presentato al Prix Italia del 1954 a Firenze in inglese e ottiene grande successo aggiudicandosi il Premio della Rai. Perciò viene tradotto e trasmesso l’anno successivo sia in Italia che in Francia e in Germania. Colpisce il tema della guerra trattato dal punto di vista dei prigionieri. Ma non sono gli eventi bellici al centro della narrazione. Prevalgono i drammi esistenziali di Waters e di Alison, che vivono in profonda solitudine, entrambi divorziati e colpiti da lutti, ma che trovano forza nel loro nascente amore. Waters è considerato «un neurotico, dal passato tragico, pieno d’angoscia. In più, gravano su di lui, la presenza del nemico, la coesistenza con gli altri prigionieri»[2]. Una bizzarra storia d’amore nella condizione drammatica della prigionia, con una recitazione un po’ enfatica, a tratti patetica, e una durata molto lunga, cento minuti, che rende a volte ripetitiva la narrazione, intervallata dalla musica di una fisarmonica e canzoncine popolari.

    È questa la prima opera del poeta Louis MacNeice ad essere trasmessa in Italia e per l’occasione viene ricordata la sua lunga carriera alla BBC, dove inizia a lavorare già nel 1941, scrivendo circa un centinaio di lavori, adattamenti, montaggi e opere originali, tra queste si distinguono le sue parabole drammatiche scritte in versi, nelle quali la fantasia trova i suoi più liberi giochi e sfoghi[3].



    [1] Il titolo richiama intenzionalmente il Viaggio del pellegrino di John Bunyan.

    [2] Gino Baglio, Il viaggio del prigioniero. Radiodramma di Louis MacNeice, in «Radiocorriere», 1955, 16, p. 7.

    [3] Per approfondimenti Jacqueline Genet e Wynne Hellegouarc’h, Studies on Louis MacNeice, Caen, Presses universitaires de Caen, 2012.