Dal cornicione del 25° piano del palazzo di giustizia si sporge una giovane detenuta bellissima, Katina di sedici anni, che vuole suicidarsi; viene chiamato lo sceriffo che, a cavalcioni sulla ringhiera, comincia a dialogare per convincerla di desistere, chiama la zia e i genitori, ma tutto sembra inutile, la ragazza concitatissima rifiuta ogni richiesta e lo sceriffo profitta per cercare di farla parlare: è sposata con Ronnie, una gravidanza è andata male, lui è stato chiamato al servizio militare, siamo ai tempi della guerra in Corea, ma una sera non è rientrato in caserma, sicchè è stato arrestato. Lei è andata a trovarlo in prigione con una pistola riuscendo a fuggire con lui, poi sono stati entrambi arrestati e ora lei ha saputo che Ronnie ha deciso di divorziare, da qui l’intenzione di suicidarsi. Lo sceriffo cerca di rincuorarla, le offre una sigaretta e un caffè e poi le promette che farà rientrare Ronnie con un aereo militare per poterla incontrare. A poco a poco lei si fida sempre di più dello sceriffo, Ronnie rientra davvero e sia pure per poco tempo i due s’incontrano e si spiegano. La notizia del divorzio era stata inventata e diffusa dalla perfida zia, detta Mappamondo, i due tornano ad amarsi anche se ancora divisi dalle rispettive carcerazioni, e nutrono tanta gratitudine per lo sceriffo.
Ci si rifà a una scena tipicamente cinematografica, sul davanzale di un alto grattacielo una ragazza vuole farla finita, buttandosi di sotto. Tradotto da Italo Alighiero Chiusano, il radiodramma di Hans Rothe, già presente nella radio italiana con Orme cancellate, ha una sua gradevole compiutezza, soprattutto nella scelta della particolare situazione ben restituita dal mezzo radiofonico (le vertigini e la paura di precipitare sono tutte trasferite nell’immaginazione dell’ascoltatore; la parola, nel suo potere di convincimento, viene esaltata…), nonostante i temi siano molto frequentati e per questo prevedibili: lo sceriffo, che incarna il mito americano dell’autorità benevola, comprensiva e quasi demiurgica, riesce a mettere a posto con uomini e mezzi, e soprattutto con il potere persuasivo della parola, perfino gli istinti isterici più disperati. L’aspetto più interessante è l’inizio e la fine del radiodramma costruiti con una regia spiccatamente cinematografica. Le voci dei giornalisti e dei passanti con il naso all’insù sono avvolte nel rumore molto realistico delle raffiche del forte vento e anche dal rumore del traffico. Di sottofondo un pianoforte sembra rimandare a un film di Hitchcock. Questa ricostruzione di ambiente non viene mantenuta però nel resto del radiodramma, che ha invece una modalità molto teatrale e per questo poco fluida rispetto alle innovative premesse.
Italo Alighiero Chiusano, Fra terra e cielo, in «Radiocorriere», 1960, 45, p. 4.