Come in un diario, il radiodramma comincia con la voce di Quinto che parla di sé (il padre è morto per un infortunio su lavoro), delle sue aspirazioni lavorative – tornare a Siena e sposarsi – e accenna a quella giornata fatidica. Adesso è in attesa dell’esito dell’inchiesta. La voce interiore si trasforma in voce narrante e comincia a essere rappresentata la vicenda di quel tragico pomeriggio. Quinto ha quindici anni e lavora allo scalo ferroviario di San Lorenzo a Roma. Con il caposquadra Attanazi, che lo ospita in casa, con Ostinelli, un pover’uomo che si sfianca di fatica per sostenere il carico della famiglia, aggravato dalle fisime della moglie infedele (corre voce che nemmeno la bambina sia sua), e con Giuffré, elettricista in pensione, si recano per un lavoro extra a Città Giardino.
In una palazzina in costruzione devono montare degli scaldabagni. Quinto e Attanasi odono all’improvviso un duro colpo, è un corto circuito. Ritrovano Ostinelli attaccato al filo, tentano inutilmente di rianimarlo, ma inutilmente. Nella tragedia del momento si rendono conto che chiamare la polizia sarebbe rovinoso anche per loro, il lavoro era compiuto mentre erano in servizio presso le ferrovie, e con materiale delle ferrovie, per di più vedova e figli di Ostinelli non avrebbero potuto avere alcun risarcimento, e allora Attanazi escogita di fare apparire la morte causata dal pantografo di un locomotore. Prendono allora il cadavere di Ostinelli e lo caricano nel furgone per portarlo alle ferrovie. Ma prima devono passare dalla casa della moglie di Ostinelli per cambiare l’abito del defunto ed avvertirla. Il tragitto è pieno di intoppi e complicazioni, giungono alla borgata di Santa Maria Ausiliatrice e Quinto riesce alla fine a rintracciare la moglie di Ostinelli e farla scendere con i vestiti. Mentre lei parla con Attanazi, Quinto e Giuffré cambiano il vestito del cadavere e vedono la vedova di Ostinelli allontanarsi disperata. Il tragitto prosegue verso lo scalo San Lorenzo ancora con vari rischi. Il gruppetto, simulando allegria, sistema il corpo di Ostinelli sopra un locomotore: al momento giusto Quinto deve dare l’allarme e successivamente verrà interrogato dalla commissione d’inchiesta circa il meccanismo dei fantini. Attanazi gli spiegherà poi i particolari tecnici per fornire le risposte. Giuffré lancia l’alta tensione con una scena orrenda, poi Quinto dà l’allarme. L’ultima scena è l’interrogatorio a Quinto durante l’inchiesta, intrecciata alla narrazione dei momenti finali.
Durante i titoli di testa, con i nomi dei personaggi pronunciati dagli stessi attori, si ascolta in primo piano l’accensione del motore di un furgoncino. È un rumore estremamente realistico, perché registrato dal vivo, in esterno. È questo il primo radiodramma realizzato interamente con riprese effettuate in esterno con effetto cinematografico. In particolare sono ben evidenti: i rumori dei passi sul selciato, delle porte, del clacson e del motore del camioncino, dei treni, del traffico (cori di parate, annunci del cinematografo…), della stazione… Molta cura è dedicata alla suddivisione dei piani sonori, tra le voci in primo piano e quello sullo sfondo a suggerire così l’ampiezza degli spazi chiusi. Questa modalità compositiva, accentuata anche dal coinvolgimento di qualche attore non professionista, da una lingua con leggera cadenza regionale, dall’estrazione sociale dei protagonisti e da una dichiarata denuncia politica contro la precarietà della condizione dei lavoratori, rende il radiodramma inseribile dentro un certo “neorealismo”. Ciò ancor più sottolineato dall’intervento conclusivo di Squarzina che ricorda i luoghi dove sono state effettuate le riprese («sui posti che maggiormente potessero suscitare le immagini dell’azione, in un cantiere edilizio alla Cecchignola, in un casamento popolare a Santa Maria Ausiliatrice, per le strade di Roma, nello scalo San Lorenzo e nel suo deposito locomotive, in un casello ferroviario…») e che la storia è tratta da una vicenda realmente accadute («l’ascoltò mia moglie dalla bocca di una portinaia di un rione di una grande città…»).
Alcune scene in particolari colpiscono per tensione drammatica e forza evocatrice, come ad esempio quando Quinto sale in casa della moglie di Ostinelli per avvertirla dell’incidente. Le rappresentazioni realistiche sono incorniciate dalla voce narrante di Quinto che oscilla tra diario, confessione, riflessione, per questo «il tono generale del racconto è come addolcito e fuso da un velo di memoria da cui traspare con uniforme rilievo la personalità dell’autore» (Fabio Borrelli, Il pantografo, in «Radiocorriere», 1960, 4, p. 9). Per accentuare il senso della rievocazione, la voce narrante di Quinto, ventunenne, è interpretata da un attore diverso dal Quinto, quindicenne, impiegato alle ferrovie. Di Squarzina si ricorda la contemporanea disposizione lirica e drammatica, che mira all’oggettivazione realistica degli avvenimenti e dei personaggi, con riscontro storico e ideologico. Tra le opere teatrali: L’Esposizione Universale (1949), Tre quarti di luna (1955), La sua parte di storia (1955, trasmessa nel 1959 sul Terzo Programma), Romagnola (1959). Sempre nel 1960 va in onda il radiodramma Vicino e difficile.
Fabio Borrelli, Il pantografo, in «Radiocorriere», 1960, 4, p. 9 . Il testo è pubblicato in L. Squarzina, Teatro, Bari, Laterza, 1959, pp. 499-538.