Sei militari tedeschi (il maggiore Reinhold Gottschalk, il maresciallo Hans Seifert, il sergente Oskar Harms, il caporale Paul Thelen, l’autista del maggiore, Fritz Ebert, il soldato Christian Farnholz) in rotta negli ultimi giorni di guerra trovano rifugio in un bunker presso Danzica: è strapieno di viveri, ma l’ingresso salta in aria e così si trovano in trappola. Dalla radio apprendono della resa incondizionata della Germania e il maggiore scioglie gli inferiori da ogni vincolo di subordinazione, comunque alcuni dei militari esortano allo spirito di cameratismo che li deve reggere nel drammatico frangente. Il gruppo cerca di tirare avanti così per un anno, un po’ sbronzato per la gran quantità di vino, passa del tempo a ballare. Un militare si ripromette di ospitare tutti al proprio albergo di Monaco, il caporale è ossessionato perché la fidanzata aveva scritto di non aver mai ricevuto le sue lettere e ora casualmente sente alla radio che lei lo sta cercando: nello sforzo di mettersi in contatto con lei guasta la radio e così rimangono nell’assoluto isolamento. Continuano a passare gli anni, emergono ricordi e risentimenti per l’atroce passato, fino a giungere ad allucinazioni. Muore uno del gruppo e alla fine, dopo sei anni, con enorme stupore dei salvatori, il bunker è riaperto e gli occupanti rivedono il sole.
Il radiodramma, tradotto da Pasquale Pennarola, comincia con il rumore della marcia dei soldati, delle esplosioni dei bombardamenti per poi passare alla ricostruzione sonora del bunker, in particolare con il gracchiare della radio che rappresenta l’unico collegamento con il mondo (notizie da Radio Londra, Voci di primavera di Strauss diretto da Arturo Toscanini che allieta i militari…) e con il rimbombare delle voci, che echeggiano nello spazio vuoto. La regia sonora è abile a restituire l’atmosfera claustrofobica del bunker, anche con brevi inserti musicali. Luigi Greci lo considera «uno dei più tormentati e tormentosi radiodrammi che siano mai stati scritti» (Luigi Greci, Questa preziosa vita. Un radiodramma di Hermann Holzmann, in «Radiocorriere», 1957, 11, p. 5). Leggeri sottofondi, voci in risonanze, bisbigli, battiti minacciosi contribuiscono a costruire anche i momenti allucinatori che permettono di entrare dentro ai pensieri dei singoli personaggi.
Le varie storie individuali di una lunga e drammatica guerra s’intrecciano coi risentimenti nel piccolo gruppo che inizialmente saluta la fortuna di quella bizzarra salvezza, per poi proseguire in un incubo senza fine con i più aspri rancori per episodi inconfessabili, quali la punizione per il giovane soldato che, rifiutandosi di sparare nel plotone di esecuzione, si era offerto in luogo del disertore condannato. Anche la sepoltura nella farina a mo’ di mummificazione di un commilitone nel bunker evidenzia la disperazione del gruppo dei reclusi, con forti squilibri mentali, mentre l’istinto di sopravvivenza viene alla fine valorizzato con l’apparire della luce del sole che mostra, nonostante tutto, la preziosità della vita. Ottima l’idea, nei titoli di testa, di annunciare il nome dei personaggi, che a loro volta subito si presentano.
Il dramma, che in origine era intitolato Il re dei ratti, fu presentato per la prima volta al teatro EXL di Innsbruck nel 1953. Trasformato in radiodramma, e premiato dal Ministero della Cultura austriaco, fu mandato in onda per la prima volta da Radio Vienna il 23 dicembre 1954 con grande successo. In una lettera privata Holzmann spiega la genesi del lavoro: «Sono passati più di undici anni dopo i guai e le tribolazioni della guerra. Tutti noi siamo stati ‘sepolti’ come quei sei soldati; tutti noi abbiamo sentito e sofferto le stesse tristi esperienze. Ma rimaneva sempre la speranza. E, infatti, non vi è altro senso fondamentale, in questa ballata del bunker, oltre questo: non bisogna mai perdere la speranza, qualunque siano le circostanze! [… i medesimi avvenimenti] sono stati cantati in un poema dal poeta tedesco Rudolf Hagelstange e hanno anche ispirato alla scrittrice Margareta Elisabeth Hohoff, di Monaco, un altro dramma dal titolo La leggenda di Babie Doly che è il nome del luogo dove i sei soldati tedeschi rimasero sepolti» (Luigi Greci, Questa preziosa vita. Un radiodramma di Hermann Holzmann, in «Radiocorriere», 1957, 11, p. 5).
Luigi Greci, Questa preziosa vita. Un radiodramma di Hermann Holzmann, in «Radiocorriere», 1957, 11, p. 5.