Lungo la palizzata, «in “uno spiazzo erboso che circonda un gruppo di baracche abusive”» (Carolo Maria Pensa, “Baracche” in periferia. Radiodramma di Massimo Fiocco, in «Radiocorriere TV», 1959, 5, p. 8.) è stato installato un cantiere, sicché gli abitanti delle baracche hanno paura di esser cacciati e parlano di trattare con l’ingegnere o addirittura di dar fuoco alle baracche. Due giovani, il diciassettenne Giuseppe e la quindicenne Susanna, entrambi di famiglie che vivono nelle baracche, s’incontrano e amoreggiano, anch’essi assai preoccupati sul da farsi. Giuseppe si allontana e Susanna va a casa dalla mamma che intanto ha deciso di far traslocare tutta la famiglia subito a Rieti dove abita la nonna; Susanna assai dispiaciuta va alla baracca della famiglia di Giuseppe, ma lui non si trova. Mentre lo attende si odono frastuoni, grida e un principio d’incendio. Viene poi riferito che alcuni ragazzi hanno dato fuoco al magazzino degli attrezzi, la maggior parte degli operai del cantiere sono scappati, ma è rimasto quello della scavatrice che con la tenaglia ha colpito Giuseppe che è rimasto impigliato. La cosa sembra assai grave e compromessa, anche perché l’ingegnere aveva appena assicurato il padre di Giuseppe che non c’era nessuna intenzione di abbatter le baracche. Ma poi tutto si ridimensione, Giuseppe ha riportato solo pochi graffi, l’ingegnere vuol mettere tutto a tacere, sarebbe stata soltanto un’autocombustione; il padre di Giuseppe, pur rimproverando il figlio aspramente, è contento, il giorno seguente andranno in barca sul lago anche con Susanna e i due sono ancora più lieti, perché la mamma di Susanna ha deciso di restare.
Le baracche rappresenterebbero, come si legge nella presentazione sul «Radiocorriere», «piccoli mondi autonomi e quasi sempre felici». La precarietà e le difficoltà che vivono gli abitanti delle baracche non sembrano però mai troppo gravi. Prevale un tono elegiaco anche nei momenti di difficoltà. L’intento documentaristico è appena accennato da una punteggiatura rumoristica di stampo realista. Le vicende, che avrebbero spunti interessanti (ad esempio l’ospite nullafacente del padre di Giuseppe e la storia del padre di Susanna), non vengono sviluppate, al contrario si sciolgono in un rapido e poco soddisfacente happy end.
Massimo Fiocco, Baracche, in «Ridotto», 1964, 14, pp. 39-45.